COS’È LA CORPORATE IDENTITY?
Con corporate identity si intende un insieme dai contorni sfumati che include i modi in cui una azienda presenta se stessa e l’impatto e gli effetti che questa presentazione ha verso l’esterno, cioè verso il pubblico in generale e verso gli stakeholder.
Più le dimensioni e l’influenza di una azienda sono maggiori, più la gestione della corporate identity diventa un punto centrale e ha bisogno di una gestione dedicata.
Ciò non significa che anche una azienda di dimensioni più contenuto non debba curare la propria identità, anzi, la deve considerare un importante punto della propria agenda interna.
Andando nel dettaglio e cercando di dare un nome alle cose, mettiamo nero su bianco alcuni punti chiave della corporate identity, che quindi possiamo definire come composta da:
• elementi tangibili che rendono l’azienda riconoscibile: prodotti, insegne, logo, pubblicità, comunicati etc;
• elementi intangibili che rendono l’azienda riconoscibile: valori, filosofia, mission, bisogno che vengono soddisfatti, modelli di comportamento che vuole promuovere, attitudini che richiama, stile di vita che ispira etc;
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COME SI COSTRUISCE LA CORPORATE IDENTITY?
La corporate identity è un insieme di azioni che hanno bisogno della massima coordinazione nei diversi ambiti della comunicazione.
Ogni “oggetto” che viene in qualsiasi forma emanato dall’azienda deve essere coerente con la narrazione legata alla sua corporate identity.
L’identità, e i quesiti, i dubbi, le posizioni filosofiche rispetto a questo concetto, sono uno stimolo intellettuale che ha origini millenarie.
Non si tratta di una sterile speculazione, ma anzi è un elemento fondante per i singoli, per le comunità e per intere nazioni, che schierano le migliori menti, fino ai migliori eserciti e alle armi più sofisticate, per crearla, difenderla e anche imporla.
L’identità è l’elemento che ci permette di stabilire i nostri confini.
Proprio a proposito di identità, Per-Ola Karlsson di Strategy&, si esprime così:
“Abbiamo passato più di un decennio facendo ricerche su aziende, appartenenti ad una vasta gamma di settori e provenienti da tutto il mondo. Uno dei fattori che è emerso in modo davvero prepotente in tutte queste ricerche è che le aziende di successo hanno capito chi sono, si sono impegnate nella [individuazione e costruzione della] loro identità.“
Nel caso di un marchio, l’identità aziendale è l’insieme di pratiche che concorre a stabilire il confine all’interno del quale abbiamo messo tutti gli elementi desiderabili coi quali vogliamo che un pubblico ci identifichi.
Torniamo quindi alla doppia lista di tali elementi, tangibili e intangibili, per vedere come costruire la nostra migliore identità aziendale.
Le azioni per costruire la corporate identity sono innumerevoli.
Per partire, bisogna mettere a fuoco i tre elementi su cui si fonda il cuore dell’identità:
1. innanzitutto bisogna individuare qual è la propria proposta di valore
2. in secondo luogo, individuare i propri punti di forza essenziali
3. terzo, individuare uno zoccolo duro di prodotti o servizi che sfruttano al meglio i suddetti punti di forza e permettono di esprimere la propria proposta di valore
Una volta individuati questi punti, l’azienda si trova nella situazione ottimale di avere più possibilità di:
crescere:
• affrontare le sfide del futuro
• investire le proprie risorse là dove sa di essere forte
• fare promesse al proprio pubblico e riuscire a mantenerle
• mantenere un circolo virtuoso premiato dalla fiducia e fidelizzazione dei propri clienti.
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Corporate Identity?
COME PUÒ UN’AGENZIA DI COMUNICAZIONE SUPPORTARE UN’AZIENDA NELLA CREAZIONE DELLE PROPRIA CORPORATE IDENTITY?
Un’agenzia di comunicazione lavora con quelle aziende che, per diversi motivi, non includono nel proprio organico un team dedicato.
L’agenzia di comunicazione mette a disposizione le proprie professionalità per delineare i 3 punti centrali della corporate identity menzionati sopra, e cioè: proposta di valore, punti di forza, prodotti e servizi centrali.
Una volta enucleati questi tre elementi fondanti, l’agenzia procede con le azioni pratiche.
Possiamo elencare ora le principali e più diffuse attività che vanno a concretizzare la costruzione dell’identità di una azienda.
Creare uno storytelling: questo passo permette di mettere in luce gli elementi fondanti della corporate identity.
Lo storytelling può includere la storia dell’azienda, i valori principali, la cultura d’impresa vigente.
A questi elementi di partenza va aggiunta la voice (il tone of voice), ovvero si imposta anche lo stile di comunicazione, in armonia con l’impronta che si intende creare.
Controllare la comunicazione: bisogna riorganizzare le azioni comunicative volontarie e fissare delle linee guida per quelle involontarie.
Chi parla a nome del marchio sta divulgando l’identità aziendale. Questo è vero sia per i portavoce, ad esempio durante interviste, congressi, conferenze, incontri, sia per la comunicazione pianificata come la pubblicità, dagli ads online alla campagna pubblicitaria sui media tradizionali, fino al packaging, elemento di grandissimo rilievo, e alle produzioni su carta stampata come nel caso di cataloghi, dépliant, brochure o biglietti da visita.
Vale anche nel caso del contatto capillare con il pubblico, come nel caso delle newsletter, per le quali vanno pensate a delle formule per newsletter originali in linea con la corporate identity.
La comunicazione involontaria può riguardare l’inclusione della propria brand identity in contesti fuori dal proprio controllo.
Si può vedere in questo caso l’imprevisto dell’incidente di Casiraghi nel nostro articolo dedicato ai cattivi nella pubblicità.
Qui, nonostante il dramma, il marchio Diesel che sponsorizzava l’imbarcazione incidentata, è riuscito a rimanere in linea con la narrazione.
Lo storytelling legato a sport e dinamicità non è stato intaccato dallo stretto legame con l’elemento del pericolo, perché è un elemento che viene incluso nel mondo degli sport estremi.
Lo stesso vale in tempi più moderni per le competizioni Red Bull (qui la top 5 degli incidenti dal canale You Tube ufficiale di Red Bull).
Nel caso della bevanda energetica, la comunicazione ha trovato un modo per includere in una narrazione positiva anche gli eventi imprevisti, massimizzando la visibilità a 360° delle competizioni sportive sponsorizzate.
Definire lo stile della leadership: se può sembrare un aspetto marginale, diventa invece centrale nelle storie di impresa che siano legate ad un personal branding di alto livello. Pensiamo a cosa è stata la figura di Steve Jobs per Apple, figura di leader dallo spiccato understatement, riservatezza, genialità, allo stesso tempo comprensivo ed esigente con i collaboratori e i sottoposti. Qui si è andati al nocciolo dei 3 punti centrali della corporate indentity, applicandoli anche alla figura del fondatore. La leadership, una volta enucleata nella sua essenza, può essere comunicata attingendo alle parole chiave che ne definiscano i tratti salienti. È possibile che un capitano d’azienda mostri caratteristiche di diversi stili di leadership, ma solitamente un tratto emerge sugli altri.
Ecco degli esempi:
• Carismatica: l’eccezionalità del fondatore copre gran parte della comunicazione volontaria e involontaria. Si può citare ad esempio Elon Musk.
Autoritaria/autocratica: questa caratteristica di accentramento delle decisioni e partecipazione alle attività dell’impresa possono venire riconosciute ad esempio in Bill Gates e, in politica, Margaret Tatcher.
• Trasformazionale: la leadership trasformazionale spinge i collaboratori a dare il massimo, ad impegnarsi andando anche oltre la propria comfort zone. Questa tipologia è rappresentata da Steve Jobs. In politica, l’esempio è quello di Barack Obama, col suo “Yes, we can!”.
• Laissez-faire: lo stile del laissez-faire non include la pigrizia, ma una grande ricerca preliminare in cui il leader mette a fuoco la visione e si circonda delle persone che la possano sviluppare. Nel laissez-faire si permette al team di esprimere il proprio potenziale di evoluzione, problem solving, gestione dei conflitti, con interventi di supporto al facilitare la soluzione delle problematiche. Un esempio è quello di Larry Page, di Google, che con la politica “del 20%” stabilì che un quinto del tempo di lavoro venisse dedicato alla creatività, al lanciare nuove proposte. Così è nata la galassia di servizi di Google.
• Partecipativa (o democratica): come si capisce immediatamente dal nome, questa leadership incoraggia alla partecipazione nelle decisioni e nei processi aziendali di vario tipo.
Un esempio è quello di Walt Disney.
• Procedurale: è il tipo di leadership “come da manuale” o “secondo le regole”. Di tratta di un tipo di direzione che si affida a procedure standard da seguire per ogni fattispecie di avvenimento aziendale. Un esempio di leader procedurale è Adam Smith, con la sua organizzazione del lavoro.
Non esiste una tipologia di leadership migliore di un’altra in termini assoluti: tornando alle parole dell’esperto di Strategy&, qualunque sia lo stile di un’azienda e della sua leadeship, l’importante è metterlo a fuoco.
In questo modo si potrà sfruttare a beneficio della corporate identity.
L’identità di una azienda verrà resa comunicabile con più facilità e più efficacia da una agenzia di comunicazione attraverso differenti mezzi, come ad esempio: