Abbiamo parlato fino ad ora dei colori primari e dei concetti e sensazioni che evocano e poi abbiamo fatto lo stesso con i colori secondari.
Oggi concludiamo il discorso parlando delle qualità dei colori e del loro utilizzo, andando finalmente a scoprire perché il verde brillante ed omogeneo è stato scelto per le TicTac mentre un verde più cupo e sfumato è associato agli After Eight!
LE QUALITÀ DEI COLORI
Le qualità dei colori sono:
TINTA, O HUE
La tinta è la qualità che ci fa percepire un colore associabile ad un nome. Immaginando una ruota divisa in 360°, abbiamo tutte le tinte che sfumano una nell’altra. In ogni punto della ruota possiamo puntare il dito e riconoscere, appunto, una tinta “pura”, che non viene cioè resa più scura con l’aggiunta di nero (quindi non c’è il verde scuro) o più chiara con l’aggiunta del bianco (quindi non c’è il rosa confetto).
Queste tinte pure sono quelle di cui abbiamo parlato nei due articoli precedenti.
Per ottenere le diverse variazioni partendo dai colori puri, si utilizzano le altre qualità del colore.
CHIAREZZA O VALUE
Aumentando o diminuendo questo valore possiamo ottenere risultati molto diversi: un colore diventa più chiaro o più scuro.
Prendiamo il verde, per scoprire il mistero delle TicTac e degli After Eight.
Il verde delle TicTac è molto vicino alla tinta pura, quella che troviamo sulla ruota dei colori e va quindi a conservare praticamente intatte le caratteristiche del colore verde (positività, naturalezza, equilibrio etc.)
lI verde degli After Eight è invece una combinazione di verde scuro e verde ancora più scuro che sfuma nel nero.
Qui le qualità del verde puro sono praticamente cancellate, nonostante sia un logo praticamente tutto verde.
La variazione della chiarezza di una tinta è molto importante: quando aumenta, si caricano i tratti legati di più a concetti e sensazioni di freschezza, leggerezza, evanescenza e delicatezza.
Andando invece a diminuirla, si evocano maggiormente i tratti relativi a concetti e sensazioni legati a mistero, esoterismo, pregio, tradizione, maturità.
Ecco perché le confezioni delle caramelline tascabili sono verdi, ma con un verde brillante, mentre dei costosi cioccolatini ripieni, confezionati singolarmente e dal gusto molto particolare, sono in una confezione di verde che va dallo scuro allo scurissimo.
Come usare la chiarezza del colore: la chiarezza o scurezza del colore serve per raffinare i concetti e le sensazioni legate ad un colore.
In linea di massima, andando a rendere un colore più chiaro si alleggerisce il carico emotivo, declinandolo verso sensazioni più fini ed evanescenti.
Questa scelta è tipica dello stile bon ton, shabby chic, del nuovo vintage e si abbina a prodotti femminili o infantili.
La chiarezza di una tinta coinvolge anche i concetti di igiene, salute e pulizia, e possiamo trovarla nella cosmetica e farmaceutica. Rendendolo più scuro invece si intensificano emozioni potenti e vorticose, si richiamano potenza, efficacia e controllo, ma anche regalità ed eleganza.
Questa scelta è frequente nello stile gotico e vittoriano e nella comunicazione visiva dei prodotti dedicati alla fascia adulta e alto spendente.
Può essere anche presente nella farmaceutica quando il brand punta ad un messaggio di efficacia e immediatezza e nella cosmetica dedicata ad un target che mira ad ottenere passione, protagonismo ed “effetto wow”.
SATURAZIONE
Possiamo definirla come l’intensità di tinta pura presente nel nostro colore.
Quando è al minimo abbiamo un grigio, quando è al massimo abbiamo la tinta pura come appare nella ruota dei colori di 360°.
Giocare con la saturazione è un modo per creare diversi effetti.
La saturazione bassa conferisce eleganza, ricerca di stile, smorza l’energia e le sensazioni cinetiche e insegue concetti come eleganza, nostalgia, universo vintage.
La saturazione alta, al contrario, vuole trasmettere sensazioni nette, chiassose, stimolanti, al limite dell’artificiale.
Per riassumere, quando diciamo “rosso” parliamo della tinta. Se diciamo “rosso scuro” parliamo della chiarezza (in questo caso scurezza), e se infine diciamo “vivido” o “smorto” ci riferiamo alla maggiore o minore saturazione del nostro rosso.
Abbassare la saturazione è una scelta che porta a effetti di delicatezza, raffinatezza bohémien, gusto per il passato semplice e spensierato.
Spesso è associata a prodotti o servizi che riguardano i piaceri intellettuali di un pubblico moderno e consapevole, che ricerca purezza, sostenibilità, con uno stile indipendente.
All’opposto, la saturazione alta richiama la spensieratezza più dinamica, naif e bambinesca degli anni ‘80, dei neon, del glam. Porta concetti di assenza di conseguenze ed energia gioiosa.
La troviamo nel food (soprattutto fast food), nel gaming e nell’intrattenimento notturno.
COME ACCOSTARE I COLORI: CREARE LA PALETTE!
Creare una palette significa mettere insieme tutti i colori che si utilizzeranno nella realizzazione dei contenuti visivi: font, logo, sfondo, banner, sito web, cartellonistica, biglietti da visita, confezioni e packaging, stand, totem e altre strutture in store.
La palette nasce da uno o più colori di base che vengono elaborati (più o meno chiari/scuri o luminosi, più o meno saturi): questi colori possono derivare da una stessa tinta, da tinte contigue o da tinte molto distanti fra loro. Guardando la ruota dei colori si capisce come le tinte di base siano disposte lungo il bordo in un continuum, per cui prendendo una palette che parte dal verde e dal blu, avremo un risultato che appare più armonioso, mentre prendendo il blu e il giallo ci sarà un contrasto che dà dinamicità alla palette.
Vediamo le 5 opzioni classiche.
1. Palette monocromatica: si sceglie una tinta e si raffina il suo messaggio utilizzando le caratteristiche del colore. Un esempio è Estée Lauder che ha scelto il giallo, creando una palette in cui la tinta viene usata come uno sfondo di giallo cupo che si dissolve nel marrone scuro, sul quale spiccano accenti di giallo oro brillante. Come vediamo, “monocromatica” non vuole affatto dire piatta o monotona.
2. Colori complementari: per dare il massimo della vivacità e dell’energia si scelgono colori complementari, ovvero due tinte ai lati opposti della ruota dei colori. Un esempio è Lacoste, col coccodrillo verde dalla lingua rossa o Heineken, con la critta verde e la stella rossa.
3. Split dei complementari: si va a scegliere una tinta e la si usa assieme alle due che stanno ai lati della complementare. Il logo della Fanta, in verde, blu e arancione, ne è un esempio o Firefox, in blu, giallo e arancione.
Con questa scelta si smorza appena la vivacità e l’immediatezza ma si approfondiscono le suggestioni del colore “splittato”.
4. Colori analoghi: è l’esempio di Mastercard, che utilizza tre colori in fila lungo la ruota, ovvero rosso, arancione e giallo.
Si tratta di una scelta molto basic che però come vediamo è capace di avere un grande e duraturo impatto.
5. Palette libera: una palette che si discosta dalle geometrie classiche della ruota dei colori permette di esplorare combinazioni inedite di emozioni e suggestioni.
Mentre I primi 4 punti seguono regole precise e hanno effetti noti, per una palette libera c’è bisogno del tocco del professionista.
I colori vanno scelti tenendo conto di tantissimi fattori: di cosa si occupa il brand, che immagine vuole dare, su quali supporti si svilupperà prevalentemente la comunicazione (online, cartacea, insegna, tv, packaging prodotto etc), qual è il panorama della concorrenza, che filone comunicativo viene proposto e così via.
Se ad esempio si sceglie oro e argento ma i nostri prodotti sono mobili da cucina e vogliamo usare scritte metallizzate sugli enormi imballi dei prodotti, beh, si presenta un problema di budget. Se trattiamo servizi ricreativi per l’infanzia ma vogliamo un sito in bainco e nero, il problema sarà come attirare l’interesse del target.
Se vogliamo assolutamente un logo marrone, fucsia e blu elettrico è necessario trovare un art director con tanta esperienza per non finire con una pagliacciata.
Creare una palette, soprattutto libera, è una fase importante e delicata ed è una delle basi della comunicazione: dalla palette prendono forma tutti gli “oggetti visibili” della comunicazione, ovvero il sito, il blog, i social, l’insegna, i cataloghi, i volantini, le divise, il merchandising, il packaging. Tutto.