“Vivesti solo un giorno, come le rose” è un verso di De André, un po’ pessimista ma che spesso ci azzecca, soprattutto se guardiamo alle buone idee delle app che nascono con l’intento di facilitare le buone pratiche, e magari ci riescono per un po’, prima che la mano invisibile arrivi a regolare il mercato.
La via per Amazon è lastricata di app piene di buone intenzioni!
Ecco 5 app che possono dare qualcosa di buono, ma fate in fretta prima che diventino dei marketplace piatti e omologati.
VINTED: AMATO E RICICLATO
Hai mai pensato all’impatto che può avere l’abitudine di ricorrere al second hand nella nostra impronta ecologica? Spoiler: se scarichi Earth Hero, l’ultima app della nostra rassegna, scoprirai che l’abitudine ad acquistare oggetti di seconda mano ha un impatto più benefico di piantare alberi.
Vinted permette di vendere ad una community molto folta in Italia e Francia: con oltre 10 milioni di download e un rating di 4.5 stelline su 5 e uno storytelling incantevole, Vinted promette molto.
Oltre all’opzione “vendita” c’è anche l’opzione “scambio”.
Vinted, per ora, è ancora una app salva dall’invasione dei venditori professionali che hanno invaso altre piattaforme come Subito, e-Bay. Facebook Marketplace che sono invase da e-commerce che tubano l’ambiente “peer to peer” che queste piattaforme erano riuscite a creare prima di svendersi.
In definitiva, una buona app per guadagnare e fare spazio nell’armadio.
Pro: riesce a smarcare l’abbigliamento di seconda mano dall’idea di vecchiume sporchetto, presentando gli oggetti come “già amati” (pre-loved) invece che “usati” (pre-owned). Al momento favorisce gli inserzionisti, anche se è possibile che cambi policy in futuro, al raggiungimento di un determinato step di successo/diffusione.
Contro: la app non presenta chiaramente i costi (da dove guadagnano gli sviluppatori?), non ha un buon sistema di filtri per la localizzazione dei capi e per funzionare meglio richiede un profilo premium, cioè con annunci in evidenza dietro compenso.
Commento dell’agenzia di comunicazione: geniale lo storytelling, “pre-loved” invece di “pre-owned” è semplicemente perfetto e sposta la percezione dall’idea dello “scarto” a quella della “rinascita”. La ciccia manca in più punti e la natura stessa della app, un marketplace fra privati, fa sì che dietro una copertina carina e graficamente impeccabile si scateni “la Corrida di Corrado – dilettanti allo sbaraglio”.
TOO GOOD TO GO: LA SCARPETTA VIRTUALE
Di cosa si tratta? Il nome dell’app è letteralmente “Troppo buono per essere buttato”.
Questa app propone di recuperare ad un prezzo molto scontato i cibi freschi o confezionati che altrimenti non verrebbero venduti e verrebbero buttati. Si tratta di una app che permette agli utenti di scoprire molti negozi alimentari e locali nella propria zona (ma anche oltre), assaggiare tante specialità, il tutto risparmiando e contribuendo in modo concreto a combattere lo spreco alimentare, vera piaga dei paesi ricchi. Infine, sostiene i locali, una categoria brutalmente penalizzata durante le fasi più buie della pandemia.
L’offerta è molto varia e variabile! Ogni giorno si possono trovare tante offerte a diversi orari, e con l’attivazione delle notifiche può capitare di avere una bella idea per uno spuntino o per salvare una cena.
Pro: ottima idea, ottima grafica, ottimo impatto ecologico, storytelling avvincente ed estrema facilità di utilizzo. Veramente piacevole da usare!
Contro: la varietà dell’offerta è strettamente connessa a quanti esercenti in zona aderiscono all’iniziativa. La comunicazione di eventuali intolleranze, allergie o restrizioni alimentari è di difficile gestione pratica e la bella idea “porta il tuo contenitore” è di fatto poco utile perché per velocizzare la consegna e le possibili complicazioni (probabilmente date da norme igieniche sul confezionamento dei cibi e da clienti schizzinosi che iniziano a dire “quello sì e quello no!”) gli esercenti fanno trovare il cibo già confezionato. Le recensioni sono presentate in modo forzatamente positivo, ad esempio: “L’85% dei clienti ha dato almeno 3 stelline a questo negozio!”, che non è proprio una garanzia di soddisfazione. La criticità più importante resta però un meccanismo perverso dato dagli esercenti che hanno preso Too Good To Go come una piattaforma per smerciare menu pronti a prezzo fisso, e non per diminuire lo spreco di cibo.
Commento dell’agenzia di comunicazione: lo storytelling e le belle foto sono un plus cruciale per questa app. L’incentivo e il premio per il cliente è assicurato, gli acquisti vengono festeggiati con parole di incoraggiamento e le spiegazioni sul valore delle transazioni sono concise e vanno dritte al punto. Peccato per le infiltrazioni, già presenti, dei commercianti che tradiscono il senso del salvare gli avanzi e per l’ottimismo eccessivo che non premia i migliori esercenti ma cerca di avere una buona parola per tutti.
FOREST: RIMANI CONCENTRATO O LA FORESTA BRUCERÀ, AIUTO
Si tratta di un’idea molto semplice, con la stessa base ansiogena di un Tamagotchi ma in formato vegetale. In pratica devi tenere viva una pianta, e per farla vivere non devi usare il telefono.
Funziona così:
- scegli un albero da piantare
- scegli l’attività che vuoi intraprendere e che “nutrirà” il tuo albero
- imposti il timer col tempo che vuoi dedicare alla tua attività
- non usi più il telefono fino a quando il timer non ti dice che hai completato il tempo di concentrazione che ti eri prefissato
- se vuoi usare il telefono prima dello scadere del conto alla rovescia, il tuo albero muore
- l’albero rimane secco in mezzo alla tua foresta come monito
Esistono diverse funzioni aggiuntive come ad esempio gli obiettivi di gruppo: si pianta un albero la cui vita dipende da tutti i partecipanti al gruppo. Se uno solo usa il telefono, l’albero della community muore.
Andando avanti a completare le missioni di concentrazione, si sbloccano nuove specie per popolare la propria foresta e il tempo di attesa può essere personalizzato con dei suoni rilassanti, come ad esempio “la pioggia nel bosco”.
Forest ha vinto il titolo di migliore app dell’anno anno Google Play 2015-2016 d la nomination 2018 come migliore app di auto-miglioramento.
Pro: è gratuita, molti utenti si sono trovati bene, il tempo di crescita dell’albero può essere impostato in modo personalizzato.
Contro: contiene annunci, all’inizio è poco personalizzabile, si può “barare” impostando obiettivi ridicolmente bassi, ad esempio 10 minuti.
Commento dell’agenzia di comunicazione: grafica suggestiva ma decisamente migliorabile, un po’ di severità eccessiva non smussata dallo storytelling. Ottima idea e ottimo approccio al concetto, ma con troppi pochi fronzoli per un utente contemporaneo. Mostra un po’ la tela quando mette fretta all’utente per farlo progredire.
HOME EXCHANGE: MI CASA ES TU CASA
Dall’antico Guest to Guest, abbiamo Home Exchange, una app che si propone di facilitare le vacanze gratuite per chi apprezza questo tipo di esperienza. Si tratta di uno scambio di case, che si può espletare in due modi:
- lo scambio classico, in cui due famiglie apprezzano le rispettive case e vanno in vacanza nello stesso periodo, scambiandosi chiavi e istruzioni e impegnandosi a lasciare tutto in ordine;
- lo scambio premium con il quale, previo pagamento di una quota annuale, si ha accesso illimitato alle case “libere” nel periodo nel quale si vuole viaggiare.
Se l’idea dello scambio di case è un’iniziativa lodevole e che permette di immergersi nella realtà anche intima di un altro paese, esiste un triste versante che crea un circuito parallelo a pagamento costituito dalle mete più richieste.
Pro: resta la possibilità di fare il semplice scambio di casa, con tutti i limiti di tempistiche e di disponibilità di alloggi, che però permette la full immersion cercata da chi si vuole smarcare dalle logiche del turismo asettico, di massa, preconfezionato. Lo scambio classico dà vita ad interazioni umane molto valide sia durante la scelta e l’accordo sia durante la permanenza.
Contro: la piattaforma promuove in modo un po’ eccessivo la creazione del profilo premium.
Commento dell’agenzia di comunicazione: graficamente datata l’interfaccia, frettoloso lo storytelling. Si presenta il servizio essenziale e gratuito in – letteralmente – una riga e mezza, concentrando il resto della comunicazione nella esaltazione dei benefici del profilo premium. Per chi ci vuole vedere del buono, il buono c’è, ma la commercializzazione dell’app è troppo smaccata. La non omogeneità della qualità fotografica degli annunci può piacere o non piacere, trovando foto sgranate di utenti “rustici” e immagini da set fotografico nella stessa schermata.
EARTH HERO: EROI A CASA NOSTRA
Earth Hero può sembrare un titolone un po’ esagerato e troppo promettente: diciamo che già compilare per bene la prima parte del questionario d’ingresso dovrebbe dare diritto ad una medaglia.
Ad esempio, per calcolare esattamente il peso della propria carbon footprint è necessario prendere in mano le bollette, stimare il peso del pellet o i km percorsi in un anno, e distinguerli fra mezzi pubblici, privati, a motore e non.
Detto ciò, si tratta di una app che vuole proprio farci alzare dal divano, come è giusto che sia. È utile per familiarizzare con approcci e pratiche delle quali sottovalutiamo l’importanza nella nostra società.
Per rendere l’idea, ci viene proposto un ventaglio di azioni quotidiane o meno frequenti, con una classificazione in base alla difficoltà e a beneficio in termini di minori emissioni, e qui troviamo: fare la doccia al posto del bagno, seguire una alimentazione vegana, usare i mezzi pubblici, sostituire le lampadine a risparmio classiche con le luci a LED, parlare delle questioni ambientali ad amici, parenti, amministrazione cittadina.
Pro: è una app che nella maggior parte dei contenuti è ben fatta e mira a far conoscere agli utenti i comportamenti virtuosi e a trasmetterli agli altri. Inoltre riesce ad emancipare l’utente medio italiano dal panorama un po’ ristretto di contributo intelligente alla salvaguardia del pianeta, alla riduzione delle emissioni e al vero peso che hanno anche le abitudini quotidiane.
Contro: si tratta di una app con uno scopo dichiarato che però in certi momenti non è adatta a ogni utente. La terminologia, se da un lato è funzionale all’introduzione di alcuni concetti e buone pratiche non popolari nel nostro paese, dall’altro rischia di stancare l’utente, funzionando solo per chi ha già un buon livello di sensibilità e coinvolgimento.
Commento dell’agenzia di comunicazione: stile decisamente anglosassone sia dal punto di vista grafico che dal punto di vista della comunicazione. È un approccio che può stancare o stimolare un utente italiano, si tratta di una scelta molto marcata che definisce con precisione il brand.
Ora chiudiamo e andiamo a spegnere le luci.
Alla prossima!