ADDIO ALLA SEO

addio alla seo agenzia di comunicazione

SEO: è arrivato il momento di dirci addio?

CHE COS'È LA SEO

Se ne sente parlare spesso quando si chiede una consulenza ad un agenzia di comunicazione, e si legge ancora più spesso negli annunci di lavoro o nelle descrizioni dei servizi. Non vogliamo però dare per scontato che tutti sappiano esattamente di cosa si tratti, quindi eccoci a spiegare.

SEO sta per Search Engine Optimization, cioè ottimizzazione per i motori di ricerca.

Spiegata con semplicità, funziona così: un utente cerca qualcosa online, può trattarsi di prodotti, servizi, informazioni, notizie, qualsiasi cosa. Dall’altra parte dello schermo, nei server lontani lontani, stanno tutte le informazioni che enti, aziende, blogger, governi, testate giornalistiche mettono online. Quando cerco qualcosa, qualsiasi cosa, online, può essere che io conosca già il sito in cui trovare quello che mi serve. Ad esempio, se devo comprare un biglietto del Frecciarossa so che andrò su Trenitalia. A volte invece sono alla ricerca del prodotto ideale e cerco offerte da confrontare, oppure voglio cambiare assicurazione e vedere che preventivi ci sono, o voglio sapere cosa sta succedendo in Ucraina, o magari cerco le previsioni del tempo.

In tutti i casi appena elencati faccio quindi una ricerca usando un motore di ricerca, come ad esempio Google. Cosa faccio? Scrivo nella barra di ricerca le cosiddette “parole chiave”. Sto cercando una nuova lavatrice? Cercherò “Lavatrice 1400 giri LG”. Sto cercando un volo? Digito “Voli Venezia Parigi”. Voglio cambiare mutuo? Cerco “Mutuo prima casa tasso fisso”, e così via.
Qui entra in gioco Google che usa alcuni parametri per darmi i risultati che, secondo tali parametri, sono i più soddisfacenti possibili, in modo che io mi trovi bene e che la prossima volta utilizzi ancora Google per cercare quello che mi serve. Questo vale per tutti i motori di ricerca, ma si parla sempre di Google perché è il più usato, quindi dovendo investire in strategie per apparire nelle ricerche degli utenti, solitamente si punta a ottimizzare il proprio sito proprio per Google.

Come si fa quindi la SEO, questa ottimizzazione dei contenuti?

Il difficile arriva qui: Google non dice quali sono i parametri esatti per scegliere fra i miliardi di siti web che offrono prodotti, servizi e informazioni, si limita a dare dei suggerimenti. Ci dice su cosa, più o meno, si basano i parametri e quindi su cosa, più o meno, deve puntare chi sta creando i contenuti per il sito web del nostro prodotto (o servizio, o bla bla bla).

Una ulteriore difficoltà sta nel fatto che da una parte abbiamo un motore di ricerca, quindi in questo caso Google, che vuole dare un servizio buono agli utenti, dall’altra parte abbiamo le aziende che sgomitano per comparire a pagina 1 di Google, non importa se il prodotto venduto sia davvero azzeccato per l’utente. E di qua dello schermo ci siamo noi utenti che volevamo solo una surroga del mutuo, mentre di là dello schermo Google si agita per restare un buon motore di ricerca, combattendo aziende che sgomitano per trovare la legge e trovare l’inganno, scavalcando la concorrenza con la SEO.

Negli anni, Google ha cercato di migliorare il proprio servizio cambiando e migliorando i suoi parametri di valutazione delle pagine. In pratica, è come se Google si chiedesse: “A cosa devo dare più importanza? Come faccio a capire se l’utente cerca una cosa da comprare o una pagina di informazioni su una cosa? Come metto in ordine le pagine, dalla prima posizione in giù, in modo da mettere in cima i risultati migliori?”.

Parimenti, le aziende si chiedono: “Come posso arrivare a pagina 1 di Google, possibilmente in cima, comparendo in più ricerche possibili? Come posso conoscere, sfruttare, o anche forzare in qualche modo il motore di ricerca in modo da arrivare più in alto possibile nelle ricerche?”.

Lato utente, assistiamo senza accorgercene benissimo ad una lotta ottusa in cui, ciclicamente, i risultati di ricerca che ci arrivano per primi sono aderenti a quello che le aziende credono che Google voglia da loro.

DALLA LAVATRICE DEL SESSO ALLE COCCOLE

Anni fa (molti anni fa), cercavo una lavatrice e avevo da poco scoperto che con Internet potevo confrontare le offerte per capire se mi conveniva andare da Mediaworld, da Troni, da Expert o al’Unieuro. Così ho cercato “Lavatrice 1000 giri”, che all’epoca era una super centrifuga, ideale per il clima sempre umido del padovano.
Ho aperto uno dei primi risultati e ho visto una pagina con la foto della lavatrice e la descrizione dei dati tecnici seguita da una stringa di parole che non c’entravano: “sesso, sesso, sexy, sesso, sesso, sesso”.
Evidentemente parliamo del paleolitico della ricerca online, dove il venditore di lavatrici voleva assolutamente comparire in più ricerche possibili e proporre la propria lavatrice anche a chi evidentemente non pensava a fare il bucato.

Si capisce bene perché Google abbia dovuto correre ai ripari cercando di migliorare la pertinenza dei risultati in modo che chi cercasse sesso non trovasse una lavatrice in offerta, e viceversa.
Dalla preistoria della SEO ad oggi la strada è stata lunga e buffa, sanguinaria e difficile da interpretare. Fra i parametri sono entrati e usciti tantissimi indicatori, ad esempio le famigerate “keyword secche”: quando cerco una lavatrice scrivo “lavatrice 1000 giri offerta”, e uno dei parametri era la presenza ripetuta della parola chiave. Si arrivava quindi a pagine dove c’era scritto “Oggi abbiamo provato per voi questa lavatrice 1000 giri offerta che si sembra molto valida per molte ragioni, Innanzitutto la lavatrice 1000 giri offerta è garantita 10 anni, e poi la lavatrice 1000 giri offerta ha un sistema di blocco dello sportello che bla bla bla”:

Siamo passati per le epoche dei grassetti random, dei paragrafi con tot parole chiave ripetute tot volte, siamo passati dal “minimo 200 parole” a 350, poi 600. Oggi con un testo di 600 parole, gli strumenti di valutazione delle performance SEO iniziano a dire “Beh vabbè, potevi metterci un po’ più anima”.

Il punto è che sotto sotto, visto come va il mondo, sarebbe proprio bello se al centro di tutto ci fosse il prodotto buono (o servizio di qualità, o informazione ben fatta), e non l’arrampicarsi di chiunque su un albero della cuccagna che in cima ha la pagina 1 di Google.
C’è chi ci pensa e che punta proprio a dare agli utenti un bel posto in cui navigare: un sito che usa la geolocalizzazione per creare una grafica o darti un consiglio per te che lo contatti da una città in cui piove molto, o fa troppo caldo. Un sito che include una playlist tematica, in modo che, senza sgomitare per trascinare al proprio prodotto qualsiasi utente, punti sul mostrare una attenzione al cliente, condividere un approccio benefico e sano.

Quello che ci consola è che proprio quest’anno sono successe due piccole cose, che non fanno statistica e non vogliono dire niente, ma mostrano che il dispiacere per la guerra in campo SEO sta logorando gli addetti ai lavori, e figuriamoci cosa fa alla soddisfazione del cliente.

Il primo avvenimento è stata una chiacchierata con un product manager che ci ha detto: “Le nostre vernici sono davvero buone e le vendiamo in tutto il mondo: ci piacerebbe usare la nostra esperienza per presentarci in modo più bello. Ad esempio, qualche mese fa abbiamo fatto un restauro magnifico a Praga, lì i giornali ne hanno parlato, era un lavoro in un castello ed è stato un vero piacere essere scelti dall’amministrazione e portare a termine un lavoro fatto bene in un luogo favoloso. Ecco, siccome ci capita di fare lavori eccezionali, ci piacerebbe dedicare una rubrica in cui raccontare con passione dei luoghi in cui abbiamo lavorato, senza parlare delle vernici, ma proprio parlando della storia e dell’importanza dei luoghi che restauriamo. Ma anche articoli lunghi, eh? Roba che esce a chi vuole andare in vacanza a Praga e trova nel nostro sito una sorta di guida turistica non commerciale, ma che lasci un bel ricordo”.

Il secondo avvenimento viene da una chiacchierata con un art director che lavora in un’altra agenzia e che, stanco e nauseato del destino dei contenuti del loro blog, ha deciso di dire la sua. Si era accorto con dispiacere che i contenuti validi e interessanti venivano sistematicamente mortificati da un addetto alla SEO che prendeva i contenuti e li stravolgeva condendoli di parole chiave, riorganizzandoli in paragrafi e sezioni che toglievano proprio la qualità del testo e il bello della lettura. Questo art director ha quindi deciso di scrivere lui un bel contenuto, che non parlasse, in ottica SEO, di un servizio dell’agenzia, ma che fosse semplicemente una bella lettura. “Tanto la SEO la fanno tutti, che senso ha fare come gli altri se vuoi davvero fare la differenza?”.

Ci auguriamo che il web marketing abbandoni in massa, e prima o poi lo farà, la strada cafona della SEO selvaggia per ridurre il lavoro innecessario e ridondante dell’ottimizzazione, e che si apra un’era di piacere, bellezza e ragione, in linea con le esigenze di un pianeta che se non ce la fa più è anche perché facciamo la SEO per piazzare tutto a tutti col 3×2.

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