(DON’T) LOOK UP!

agenzia di comunicazione don't look up

Come agenzia di comunicazione ci troviamo ad essere la voce pubblica di diverse aziende ed è davvero raro non incontrare gli argomenti della pandemia e del cambiamento climatico nella creazione di contenuti di qualità. 

Quindi oggi parleremo di divulgazione scientifica, ma anche di chiacchiere da bar: DON’T LOOK UP!

AGENZIA DI COMUNICAZIONE E DIVULGAZIONE SCIENTIFICA: COS’HANNO IN COMUNE?

Beh, a volerla proprio vedere, una connessione c’è: quando parliamo dei cioccolatini Francisfulli (nome di fantasia) non ci mettiamo ad elencare la temperatura di pastorizzazione, i giri per minuto della centrifuga, il componente di base del detergente per i silos: parliamo di qualità della produzione e di bontà del prodotto. A volte in modo spiritoso, o magari sensuale, a volte in modo serioso oppure con un jingle. Mai e poi mai ci sogneremmo di snocciolare dati tecnici.

Questo non perché sia brutto o proibito o noioso, ma semplicemente perché sarebbero numeri incomprensibili al 99,99% del pubblico.

La divulgazione scientifica fa lo stesso: nonostante decenni di previsioni del tempo con pazienti colonnelli lì a spiegare le isobare, ancora oggi se ci parlano di alta pressione googoliamo il termine per capire se piove o non piove.

La vastità del sapere umano che sta dietro alla realizzazione di un cioccolatino è incommensurabile. Nemmeno alla Francisfulli & Co esiste un’unica persona che sappia tutto di ogni processo, dalla fava di cacao all’apertura della confezione negli scaffali della Coop.

Allo stesso modo, la vastità di informazioni che sta dietro allo sviluppo di un vaccino o dietro alle strategie di mitigazione del cambiamento climatico sono quantità incommensurabili per il singolo. Tanto quanto il fare un cioccolatino. E non lo diciamo per sminuire il lavorone degli scienziati, è che “infinito” è sempre “infinito”. In altri termini, se cadi da 10 piani o da 50 o da 80 il risultato è lo stesso. Al massimo, da 80 piani arrivi a terra un po’ più rauco.

Ecco che allora la Francisfulli chiama l’agenzia di comunicazione per rendere comprensibile la bontà dei suoi cioccolatini.

Big Pharma e gli allegri catastrofisti (che in realtà hanno ragione da 50 anni) si rivolgono invece ai divulgatori scientifici.

Ragazzi, un lavoraccio.

Ma insomma, veniamo a DON’T LOOK UP!

DON’T LOOK UP: LA FATICA DELLA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

La fatica della divulgazione scientifica sta anche nel fare quel passo in più rispetto all’agenzia di comunicazione. Se in agenzia infatti sappiamo che per quanto ci sforziamo non incanteremo mai tutto il mercato (e va bene così), sappiamo anche che non è un problema, non verranno coi forconi sotto all’ufficio, non ci sarà la rivolta e gli oceani non evaporeranno anche se qualcuno schiferà i cioccolatini Francisfulli. 

Dopo tutto, de gustibus, no?

Ecco questa abitudine a poter avere dei gusti e delle opinioni ci ha resi dei caproni egocentrici che possono anche avere l’opinione sulla rotondità del pianeta, sulla validità di una cura per la pandemia, sulla necessità di tagliare le emissioni e, nel caso del film, sull’urgenza di sbriciolare la cometa ammazza pianeti che sta per colpire la Terra.

Ci sono cose di fronte alle quali valiamo meno di un colpo di tosse di una formica, eppure siamo lì a dire la nostra.

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DON’T LOOK UP è il titolo del film, ed è anche lo slogan dei politici che pensano di poter trarre vantaggio dal non sbriciolare la cometa che sta per distruggere la Terra.

Quando la cometa diventa visibile e la scienziata che l’ha scoperta cerca di dire a tutti “Guardate in su! C’è la cometa! Si vede! Va sbriciolata!” i politici lanciano l’hashtag #dontlookup, epico frutto di populismo, coda di paglia, avidità ed ignoranza. In pratica: non guardate la cometa, “loro” vogliono che guardiate la cometa perché vi vogliono spaventare e manipolare!

La divulgazione scientifica ha vita dura per tantissime ragioni: la scuola che forma a macchia di leopardo, la varietà dello scibile che ci rende per forza settoriali anche se siamo studiosi, la quantità di informazioni ma anche la quantità e qualità comunicativa delle voci che divulgano il sapere, la presenza di voci autorevoli non preparate su un certo argomento (immaginiamo Einstein che ci insegna come ottenere un perfetto make-up da sposa), la presenza di veri e propri mostri ignoranti e confusionari con un vasto pubblico, la tenacia delle sottoculture negazioniste e complottiste, il fatto che siamo in tanti e che per parlare a tutti bisogna fare un miracolo, e tantissimi altri motivi.

La divulgazione scientifica ha vita dura nelle cosette che possono tranquillamente non tangerci mai dalla nascita alla morte, ma quando si va a toccare il nostro vero quotidiano allora la divulgazione scientifica ha vita durissima.

Talmente dura che anche quando una cosa ci tocca e ci influenza, alcuni di noi ancora chiudono gli occhi davanti alle evidenze, guardano altrove, scelgono i dati a cui fare riferimento, o non fanno nemmeno lo sforzo di cercare di orientarsi.

Come diceva Mia Wallace a proposito della barzelletta sui pomodori: ormai ci abbiamo ricamato troppo sopra. A volte, per non perdere la faccia (ma anche i soldi, la fama, i follower etc), si resiste a qualsiasi prova contraria alla nostra posizione.

CENSURA E DIVULGAZIONE SCIENTIFICA: PER FORZA MANO NELLA MANO

La divulgazione scientifica passa attraverso alcuni grossi attori, come ad esempio le voci dei politici: un presidente che fa un discorso alla nazione per parlare del primo lockdown del millennio è un esempio pratico e recente.

Quando le notizie da divulgare sono potenzialmente esplosive si sceglie una strada politica. Non si può gridare “moriremo tutti” e scappare dalla conferenza stampa. Si sta composti e si presentano i fatti smussati. Più a lungo si riesce a smussare lo spigolo mortale dell’evento, più a lungo c’è speranza di mantenere una certa calma sociale e portare il paese fuori dalla crisi.

Succede quindi che quando la shit hits the fan, chi dà un nome alle cose sia tacciato di catastrofismo, mentre invece siamo noi a non aver cercato le informazioni quasi sempre disponibili circa un fatto importante.

Lasciando un attimo da parte il covid, spostiamoci alla crisi climatica. Gli sforzi apparentemente gargantueschi che si stanno facendo per salvare il pianeta abbattendo le emissioni saranno, forse, premiati con un aumento di temperature di appena 1,5°C, il che vuol dire morte e distruzione per centinaia di milioni di persone. Anche in questo caso, la divulgazione scientifica porta i dati che vengono diffusi politicamente dopo un bel bagno nell’acqua di rose.

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La censura, nella comunicazione mass mediatica, è una parte integrante della comunicazione che mira a contenere i danni. Facciamocene una ragione. Non è che non cielo dicono per danneggiarci, tutto l’opposto. E se crediamo di essere abbastanza forti da reggere le vere notizie brutte, Nasa e Ispra rendono pubblici i dati sul surriscaldamento e sulle sue conseguenze.

Oltre alla censura politica, abbiamo la censura mass mediatica: alcune notizie drammatiche possono essere girate come breaking news, sì. In quella che Zero Calcare ha definito “l’apocalisse più lenta di sempre” riferendosi al covid, invece, la censura prende la faccia della par condicio: per ogni minuto di parola concesso ad una testa pensante pare obbligatorio dare altrettanto spazio a Mauro da Mantova, con il risultato che il tempo utile per fare informazione diventa a somma zero per l’utente mediamente disarmato.

Così, invece di essere informati, assistiamo ad un circo di rispostine retoriche, inabilità comunicativa degli esperti, giustapposizione di dati e opinioni male delineati.

IN TUTTO QUESTO, IL FILM

DON’T LOOK UP è stato girato nel 2019 e preparato per il lancio ad aprile 2020, ma poi tutto si è bloccato per la pandemia.

È uscito un paio di settimane fa ed è letteralmente sulla bocca di tutti.

Globalmente è piaciuto molto, perché è un bel film con bravi attori (tanti attori tanto bravi). Chi avesse visto Idiocracy potrà trovare delle affinità molto marcate: un sistema di gestione politico e sociale nelle mani di incompetenti, per nulla dotati ma ai quali ci siamo assuefatti. 

Un sistema che “eppur si muove”, almeno fino a quando non arriva qualcosa di troppo difficile da fare per il branco di scimmie a capo di qualsiasi cosa.

I tentativi, da parte dei protagonisti di entrambe le pellicole, di fare divulgazione scientifica devono passare per le forche caudine dell’ignoranza e del disinteresse attaccati come il tartaro alla mente collettiva.

Il compromesso è sempre lì a far scendere l’asticella delle aspettative, passo dopo passo, sempre un po’ più in basso.

Si tratta di due noir molto colorati: invece della Scania senza redenzione, passiamo ad un futuro americano al neon, ma sempre senza redenzione.

Una delle fortune di DON’T LOOK UP è quella di aver trovato una catastrofe libera: se pandemia e clima già ci attanagliano, non ci sono grosse comete ammazza-pianeti in rotta di collisione con noi.

Così possiamo goderci il film che mostra le assurdità dello Studio Ovale, le storture delle lobby assassine, l’adulazione per il miliardario degli smartphone, le challenge sui social che portano a varie prognosi, le star che comunque anche nell’ultima mezzora prima dell’impatto previsto si attaccano alla popolarità per cantare della cometa che forse ci distruggerà, quelli che fanno i meme sempre e comunque, i complottisti che dicono che la cometa in cielo semplicemente non c’è.

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Ma il meglio del film è che, girato prima che la società globale fosse scossa dal covid, aveva già detto e predetto come ci saremmo comportati, ognuno nel proprio ambito.

E ora i consigli per gli acquisti:

  • Vuoi più film su quanto siamo tremendi? Idiocracy, Death to 2020, The Gerber Syndrome.
  • Vuoi più film sulle cose che arrivano dal cielo? Armageddon, Independence Day, Deep Impact, District 9.
  • Vuoi vedere un po’ di divulgatori scientifici all’opera, che non siano Burioni e Crisanti? Qui si trova bella gente
  • Il telefono prende male e vuoi qualcosa di cartaceo da leggere? Se tutte le stelle venissero giù: libro bello diviso in tante curiose storielle data backed che nascono dalle domande più strane. E se la terra fosse davvero piatta? E se la Terra avesse due Lune?

Ci vediamo qui l’anno prossimo, tenete duro!