TUTTE LE DONNE DI SARAH SHARPE

Chi è Sarah Sharpe?

Saliamo a bordo della Inevitabile e scopriamolo, in un mondo di marinai ghiotti di avventure e poveri di arti.

OLTRE IL TEST DI BECHDEL

Da Wikipedia:

Il test di Bechdel (in inglese Bechdel test) è un metodo utilizzato per valutare l’impatto di personaggi femminili nelle trame delle opere di finzione.
Il test consiste nel verificare se un’opera contiene almeno due personaggi femminili che parlano tra loro di un qualsiasi argomento che non riguardi un uomo; il criterio può essere reso più stringente aggiungendovi la condizione che il nome dei due personaggi sia noto.

Il test di Bechdel è stato sottoposto negli anni a critiche, smentite, revisioni, periodi di adorazione, interpretazioni estese e a volte forzate.

Parliamo oggi di un film che lo rende superato.

Si tratta di Sea Beast, film di animazione che proietta lo spettatore in un mondo fantastico in cui, oltre ad una pazza monarchia e alla presenza di giganteschi mostri marini, tiene nascosto in piena vista il suo vero valore: presentare in modo impareggiabilmente naturale una società equa dal punto di vista delle questioni di sesso e genere (e anche età, razza, abilità etc).

Il pregio è proprio nella naturalezza e gradevolezza dell’introduzione in questo universo fantastico, cosa che manca assolutamente in altri titoli, di animazione e non.

Si possono citare esempi come Strange World, i cui ingredienti sociali sono al 100% conditi di spiegoni e forzature, o Bridgerton, troppo modaiolo e forzato per essere credibile o almeno completamente godibile.

Torniamo a Sea Beast.

Dove si può misurare meglio il successo nella rappresentazione naturale di una società equa?

Nella scelta ideale di permettere a tutti di fare schifo, che si tratti di uomini, donne o di persone difficili o impossibili da incasellare secondo una divisione binaria di sesso e genere.

Il permesso di essere pessimi dà ai personaggi un vero pregio da ogni punto di vista: abbiamo personaggi profondi, macchiette mai scontate, lavorio delle nostre meningi per valutare e rivalutare i personaggi e le loro parabole (numerosissime) senza che sia mai necessario utilizzare o abbattere bias percettivi.

Sea Beast si colloca in una posizione che va oltre le premesse e le esigenze dalle quali è nato il test di Bechdel: in Sea Beast, la parità è così strutturante in quella società che non c’è bisogno di spiegarci o farci intendere con sotterfugi grossolani che una femmina e un maschio possono smarcarsi dai ruoli “tradizionali”.

PUOI ESSERE UN EROE E AVERE TORTO

La parola d’ordine del Women’s Day 2023 è #EmbraceEquity e Sea Beast lo fa bene, proprio perché dà risalto a tutti gli step delle parabole dei personaggi. Se la narrazione, nel mondo reale, è sempre e solo basata sulle prove di successo delle donne, sulle prove di inclusione della dirigenza maschile, sulle politiche di inclusione e pari opportunità, qui possiamo tirare un sospiro di sollievo.

Se gli eroi e le eroine sono una grande ispirazione, la profondità e ambiguità, le pecche e gli errori, le idee che cambiano in meglio o in peggio sono un’ispirazione ancora più grande. Le eroine Disney sono, al massimo della loro aspirazione verso l’equità, ribelli, in Sea Beast sono tutti umani.

Uno dei messaggi di fondo del film è “Puoi essere un eroe e avere torto” e questo tipo di movimento può attraversare tutti i personaggi.
Questa liberazione da status troppo ingombranti legati a sesso e genere garantisce che tutti possano essere importanti o marginali, salvare la situazione o essere portatori di guai e ingiustizia.

In Sea Beast, ad esempio, tutti hanno bisogno di essere salvati. Oltre ai grandi salvataggi della narrazione principale, ci godiamo anche i salvataggi cavallereschi del suonatore di cornamusa e del mozzo della nave Inevitabile, presi in braccio da Jacob Holland, come fanciulle della vecchia iconografia.

E ancora meglio, in Sea Beast utti possono essere pessimi:

  • Rossa e il capitano Crow, che mettono la propria vendetta al primo posto a scapito di tutto
  • Maisie Brumble, che è inzuppata del mito dei cacciatori dalla testa ai piedi
  • la strega Gwen Batterbie, che fa la pozione dal costo esagerato e per uno scopo ignobile
  • il primo ammiraglio Sarah Sharp, che per la maggior parte del tempo è insopportabile e troppo ligia a fedeltà e obbedienza, no matter what
  • l’ufficiale miss Merino, che è una cafona con l’equipaggio e lo dimostra ogni volta che apre bocca
  • Jacob Holland, un “buono”, che è troppo calato nel proprio ruolo, proprio come l’Ammiraglio Hornagold, un “cattivo” al servizio dei “cattivi”.

Sea Beast abbraccia l’equità ad un livello probabilmente inedito nel cinema, grazie anche al vantaggio di svolgersi a bordo di navi da caccia dove lavorano persone di ogni sesso e genere che devono darsi un gran daffare per condurre una nave grande verso missioni pericolose, in ogni condizione di mare o di ingaggio. Tutti e tutte devono lavorare un sacco, ubbidire velocemente, e imparare a continuare a farlo anche con gambe di legno, uncini al posto delle mani, bende sugli occhi.

Uno dei momenti di maggiore equità è forse la minaccia di morte che il Capitano Crow rivolge a Maisie, che era la sua pupilla fino a due minuti prima: “Maisie Brumble, taglia quelle cime e ti uccido, codarda”. Una minaccia che in un tale set non è nemmeno sullo stesso piano ontologico della violenza di genere perché, là dove c’è equità, il genere non è un motore di azioni positive o negative. Non si tratta di una considerazione brutale, ma di ammirazione per una inedita e geniale rappresentazione di una società che (tolti i monarchi pazzi e i mostri giganti) è così bella che siamo ancora quasi incapaci di immaginarla.

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